We dropped anchor in
Nai Harn (south Phuket) as we needed to stock up on food and clear
immigration. The sea in Nai Harn
(which is usually very calm and flat at this time of year) had built up a
significant surf making dinghy landings at best exciting and at worst
impossible. The first night Enrico,
Anna and Nadia went out for dinner and on the way back, a man trying to get
back to his boat in his dinghy broke his leg as the waves pushed his dinghy
over him. Amazing Enrico brought
Anna and Nadia back to Olivia soaked but in one piece. The next night we thought we had a calm
window but ended up having to swim far out to sea before getting on to the
dinghy. We had to brave a couple
of crashing waves and I clung on tightly to Nadia, it was not a fun
moment. During the day, 3 long
tail boats had tried to land and had been smashed by the waves so the girls
went to survey the wrecks.
By the third night we
had learnt our lesson and landed on a calm beach further away and went to the main
beach on a motorbike. We made some
friends from France whom we would have liked to spend more time with but we
wanted to get back to our ‘freedom’ out at sea.
The feeling of
adventure is a wonderful thing. No
matter how reluctant you may be to leave a place, there is always something
waiting for you in at the next place.
The places are all different and difficult to compare, but you always
come away from a place having a feeling of satisfaction from some new
experience.
La famiglia francese adottata da Nadia / The French family that Nadia adopted |
Di nuovo a Phuket
A Phuket abbiamo deciso di
ancorarci a Nai Harn, in una baia a sud-ovest con una bella spiaggia.
L’obiettivo era di fare provviste, rifornimento e ripartire. Su questa spiaggia
abbiamo fatto conoscenza (o meglio Nadia ha abbordato) diverse persone Europee
che vivono a Phuket, chi per sei mesi chi per tutto l’anno. Vai a pensare…
Il portolano avvertiva che quando c’e’
stato vento da ovest l’atteraggio col tender sulla spiaggia diventa mozzafiato
e in effetti la prima sera, andando a cena le onde anche se abbastanza piccole frangevano.
Avendo imparato la lezione abbiamo ancorato il tender a distanza di sicurezza
prima dei frangenti ed abbiamo raggiunto la spiaggia poco elegantemente a
guado. Piu’ tardi al ritorno dal
ristorante era gia’ buio e sulla spiaggia c’erano quattro uomini piuttosto
anziani (mi pare svizzeri tedeschi) che a diffrenza di noi avevano parcheggiato
il tender fino sulla spiaggia ed ora si apprestavano ad imbarcarsi contro le
onde che nel frattempo erano un po’ aumentate. Io da codardo ho detto alle bambine:
“Lasciamo partire prima loro che sembrano piu’ pratici del luogo cosi’ vediamo
come si fa”. I quattro in realta’ o non erano pratici o erano troppo pieni di
birra; fatto sta che quando la prima onda ha investito il tender invece di
tenere fermamente la prua al mare hanno mollato la presa. Il tender si e’ messo
di traverso ed e’ partito in surf ed uno dei quattro uomini si e’ trovato tra
il tender che arrivava in picchiata ed il bagnasciuga ed e’ finito a tappeto
con un urlaccio. Due dei compagni lo hanno soccorso mentre il quarto ed io
abbiamo ritirato il tender sulla spiaggia. Purtroppo il malcapitato si era
rotto una gamba ed ha dovuto essere portato all’ospedale.
Dopo questo spettacolo eravamo
ammutoliti; abbiamo di nuovo gudato umilmente fino al nostro tender e siamo
tornati a bordo, fradici ma interi.
Il giorno seguente altro episodio;
al mattino una tipica barca tailandese (long tail boat) ha tentato l’approdo
carica di turisti ma le onde l’anno fatta capovolgere sula bagnasciuga e l’hanno
danneggiata.
Senza tante cerimonie i barcaioli
hanno tolto il motore e a colpi di accetta hanno rimosso le parti in legno
recuperabili. Hanno poi lasciato lo scheletro sulla spiaggia e sono tornati a
casa a piedi. Nadia era affascinata dal relitto e ne ha esaminato ogni
dettaglio.
Quanto a noi, abbiamo trovato una
spiaggetta piu’ lontana ma piu’ tranquilla dove finalmente approdare e da li’
abbiammo affittato uno scooter per finire le nostre varie commissioni. Una
delle cose sulla lista era riempire il serbatoio del motore fuoribordo quindi
l’ho caricato sullo scooter e mi sono recato in un negozio di alimentari (si
alimentari) che mi avevano indicato; ho detto che avevo bisogno di benzina ed
il proprietario con un gran sorriso mi ha indicato una rastrelliera piena di
ex-bottglie di wisky riempite di benzina. “Ok, ne prendo dieci” gli ho detto e
lui contento ha cominciato a riempire il serbatoio. Solo a quel punto mi sono
accorto che versava le bottiglie con la sigaretta accesa in bocca. Avendo
imparato abbastanza lezioni per quel giorno mi sono allontanato fino ad
operazione finita.
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